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IL RENT TO BUY

IL RENT TO BUY DIVENTA LEGGE E PUO' ESSERE TRASCRITTO FINO A 10 ANNI


LA VALIDA ALTERNATIVA AI MUTUI IN UN MOMENTO DI TENSIONE E RISTRETEZZA CREDITIZIA

 

Il decreto Sblocca Italia all’art. 23  introduce nell’ordinamento la nuova formula contrattuale del "rent to buy "  definendo le tutele previste per le parti contraenti, rimuovendo così alcuni ostacoli alla diffusione di questi schemi contrattuali, finora privi di disciplina specifica e quindi di una tutela giuridica certa, specie se attuati mediante atti non trascritti nei Registri Immobiliari.

 

La norma recepisce le proposte presentate al Legislatore dal Notariato le quali prevedevano di intervenire sia sul piano tributario sia sotto il profilo civilistico.

Obiettivo : promuovere l’utilizzo di questa formula contrattuale che potrebbe favorire la ripresa delle contrattazioni nel settore immobiliare, permettendo al cittadino di comprare casa in un momento di difficoltà di accesso al credito e ai costruttori di liberarsi dell’invenduto.

  

Che cosa è il rent to buy :

Con il termine rent to buy  si intende un'operazione unitaria -che può svilupparsi in forme diverse- attraverso la quale viene assicurato a chi ha intenzione di acquistare un immobile, la possibilità di conseguire da subito il godimento dell’immobile individuato, con pagamento di un canone periodico e di rinviare a un momento successivo l’acquisto vero e proprio dell’immobile e il pagamento del relativo prezzo, dal quale vengono scomputati, in tutto o in parte, i canoni pagati in precedenza.

 

Vantaggi per chi compra: 

 

Si ottiene il godimento dell’immobile senza corrispondere fin da subito l’intero prezzo della compravendita;  

Si ottiene più facilmente un finanziamento al momento dell’acquisto per il minor importo del prezzo ancora dovuto rispetto al valore dell’immobile, in considerazione di quanto anticipato con i canoni; 

Si ha maggior tempo per alienare a buon prezzo un eventuale altro immobile del quale si è già proprietari;

 

Per chi vende: 

Si facilita l’occupazione e la successiva alienazione di immobili che altrimenti potrebbero restare vuoti e privi di acquirenti;  

Si consegue un immediato introito finanziario;  

Si alleggeriscono i costi di gestione degli immobili, che possono essere addebitati al detentore.

  

Le novità dello "Sblocca italia":  

 

Il decreto risolve alcune criticità che derivavano dalla mancanza di una specifica normativa in materia. L’aspetto fondamentale è rappresentato dalla trascrivibilità del contratto nei Registri Immobiliari, con un’efficacia rapportata alla durata del contratto stesso e comunque per un periodo non superiore a dieci anni (efficacia non limitata quindi a tre anni come per la trascrizione del preliminare).

 

I vantaggi della trascrizione:

 

proteggere il conduttore-futuro acquirente da "vicende" che possano riguardare il concedente-futuro venditore prima del passaggio di proprietà: ad es. se quest’ultimo vende ad un terzo soggetto l’immobile dopo la trascrizione di cui all’art. 23, l’acquisto della proprietà da parte del conduttore prevale anche se successivo; il conduttore può opporre il contratto di godimento agli eventuali soggetti ai quali il concedente abbia ceduto l’immobile in questione dopo la suddetta trascrizione; 

nel caso non vada a buon fine l’acquisto della proprietà, la restituzione della parte dei canoni imputabile a prezzo è garantita da un privilegio speciale immobiliare sull’immobile concesso in godimento (se il concedente fallisce, sul ricavato dall’asta dell’immobile per primo beneficia il conduttore);

   

Il rapporto contrattuale è regolato dal Codice Civile come i rapporti tra usufruttuario/nudo proprietario: ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria sono a carico del conduttore, mentre le riparazioni straordinarie sono a carico del concedente; 

Risoluzione del contratto per inadempimento:

  

Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore a un ventesimo del loro numero complessivo. In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali.   

In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell'immobile e acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto.

 

Fallimento:

 qualora una delle parti venga coinvolta in un fallimento il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, valuta l’opportunità di continuare il rapporto; 

particolare tutela è accordata al conduttore, essendo limitati i casi in cui può essere dichiarata l’inefficacia del contratto in pregiudizio dei creditori.

 

Gli accordi delle parti:

 

la nuova disciplina normativa lascia ampio spazio all’autonomia privata, dal momento che le parti del contratto restano libere di regolare in base alle proprie specifiche esigenze la durata della fase "di godimento" (pur con il limite temporale dell’efficacia prenotativa della trascrizione) e la quota di canone imputabile a corrispettivo della successiva vendita. Parimenti rimessa all’autonomia contrattuale è la possibilità di prevedere diritti di recesso, clausole penali e/o meccanismi condizionali, nonché disciplinare la stessa cedibilità della posizione contrattuale ovvero regolamentare gli effetti dell’inadempimento dell’obbligo di trasferimento, oltre a quanto già previsto dalla norma.

 

Basilea 3: Rete Imprese Italia, sì a regole condivise, no a boomerang per Pmi


FONTE: LA REPUBBLICA


 Basilea 3 è un importante passo in avanti verso l’introduzione di parametri e regole di vigilanza comuni necessari affinché non si ripetano crisi finanziarie come quella che ci stiamo lasciando alle spalle. Ma bisogna evitare che provochi un impatto negativo sull’economia reale.

E’ la posizione espressa da Rete Imprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, CNA, Confesercenti, Casartigiani) sul nuovo accordo che impone requisiti patrimoniali più severi per il patrimonio delle banche.

Rete Imprese Italia ritiene indispensabile che nel periodo transitorio verso l’attuazione di Basilea 3 siano messe in campo tutte le azioni utili a scongiurare la diminuzione degli impieghi destinati a soggetti più difficili da valutare, come le micro e piccole imprese. La stabilizzazione del sistema finanziario internazionale non può tradursi in un nuovo credit crunch a danno di quella parte dell’economia reale che ha già incolpevolmente subito gli effetti nefasti della recente crisi.

Per evitare questo rischio, Rete Imprese Italia considera fondamentale costruire, da subito, un forte rapporto di collaborazione tra le banche, le associazioni di impresa ed i consorzi fidi che valorizzi anche la conoscenza degli elementi qualitativi ai fini di una corretta valutazione del merito creditizio delle imprese. Occorre un impegno comune affinché Basilea 3 non si traduca in un pericoloso boomerang che penalizzi lo sviluppo dell’economia.

Rete Imprese Italia ribadisce che gli imprenditori vogliono trovare criteri semplici e rigorosi con i quali si sappia valutare la loro reale affidabilità. Con ottimi risultati sul piano della solvibilità delle imprese. Soprattutto in questa delicata fase in cui occorre sostenere la ripresa chi chiede finanziamenti per dare vita ad un’idea imprenditoriale, per investire, produrre e dare lavoro in Italia deve poter trovare allo sportello bancario la necessaria fiducia, non rigidi automatismi e modelli matematici che aumentano i costi e le difficoltà di accesso al credito.

Basilea3: una gabbia robusta ma costosa


FONTE: IL SOLE 24 ORE



Il rischio è una bestiaccia che non si doma e l'unico modo per impedire che faccia danni è costruirgli intorno una gabbia tanto robusta quanto costosa. È questo il messaggio più significativo che i tecnocrati delle banche centrali hanno mandato al mondo da Basilea dove domenica è stato raggiunto, a due anni di distanza dal fallimento di Lehman Brothers, un accordo sulle nuove regole prudenziali per le banche. È anche una confessione d'impotenza dopo lo smacco patito con la crisi finanziaria.
Tuttavia la stretta era necessaria: il sistema bancario globale, al di là delle eccezioni locali, se l'è cercata e meritata tutta.

Semmai è lecito chiedersi se è normale che occorrano due anni per la messa a punto, più almeno otto anni di periodo di transizione. Non è che nel 2019 sarà già arrivata un'altra crisi a spazzare via le certezze maturate nei lavori preparatori di Basilea 3?
È vero che la diluizione dei tempi serve a rendere meno violento l'impatto dei nuovi coefficienti. Per le banche costrette allo sforzo massimo di adeguamento si prevede un rapporto del 10,5% tra capitale e attivo ponderato per il rischio. La società di rating Fitch ieri stimava un fabbisogno di fondi patrimoniali pari, in questa ipotesi estrema, a 326 miliardi di euro per 35 delle 46 maggiori banche mondiali qualora alla fine l'obiettivo fosse fissato al livello massimo.

E qui si arriva a una certezza sostanziale: poiché i gruppi bancari dovranno sopportare oneri crescenti per rafforzare il proprio patrimonio, il costo del denaro per le imprese e per le famiglie aumenterà. Per fortuna in questa fase, e probabilmente ancora per qualche tempo, la politica monetaria espansiva (tassi-pilota bassi) aiuterà ad attenuare l'impatto delle nuove regole. Tuttavia è probabile che gli effetti sull'economia si facciano sentire, con una minore disponibilità di credito a prezzi più elevati.

Si rischia una recessione-bis ancora una volta per colpa delle banche? Forse no ma chi ha la responsabilità della politica economica dovrà tenere la situazione sotto controllo con molta attenzione per evitare che, alla fine, il costo della nuova regolazione ricada sulle spalle del sistema produttivo. Soprattutto in Italia dove la crescita è ancora titubante: basta poco per passare dal segno più al segno meno.

Le banche italiane sembrano ben attrezzate per rispondere ai nuovi requisiti patrimoniali. Hanno resistito meglio alla crisi e si sono cautelate per tempo con iniezioni di capitale fresco, ricorrendo solo in misura minima ai fondi messi a disposizione dallo stato, cioè dai contribuenti.

Il problema più delicato che si prospetta riguarda gli assetti proprietari. Le maggiori banche sono controllate dalle fondazioni che hanno ben svolto, dopo la privatizzazione del sistema, il ruolo di investitori di lungo periodo. Se saranno necessari aumenti di capitale le fondazioni non potranno partecipare perché non hanno più fondi da impiegare per queste operazioni. Le loro quote si diluiranno. Altri soggetti (industriali, gruppi esteri bancari e non bancari, fondi sovrani) potrebbero puntare al controllo. A quel punto toccherà al governo e alla Banca d'Italia decidere quale atteggiamento assumere nel rispetto delle regole europee e internazionali.

È vero peraltro che per migliorare i coefficienti non esiste solo la strada degli aumenti di capitale. La patrimonializzazione migliora anche non distribuendo dividendi agli azionisti. Così come cedendo attività. «La dimensione è potere», fa presente un esperto banchiere. E quindi nessuno dei suoi colleghi sceglierà a cuor leggero la strada di rinunciare ad asset importanti. Eppure le nuove regole di Basilea dovrebbero incoraggiare le banche maggiori a riflettere: la cessione dell'asset management, per esempio, porterebbe parecchi soldi in cassa e sarebbe un'occasione di crescita per il sistema. Che si libererebbe di un conflitto d'interessi permanente. Certo, occorrono compratori, meglio se non bancari, ma il momento è propizio per una svolta a lungo attesa.